Un anno di guerra in Ucraina: diamo una chance alla pace

    Un anno di guerra, un anno di obiettori alla guerra, disertori russi, obiettori alla difesa armata (interessante la giornata proposta dal movimento nonviolento italiano), voci ormai (volutamente) dimenticate dalle propagande di guerra degli uni aggressori e responsabili della tragedia (checchè ne dicano i filorussi nostrani ben rappresentati in alcune frange della sinistra radicale che non hanno mai speso una parola per condannare gli atti criminali russi), e degli altri che dopo aver scelto legittimamente di difendersi (in modo armato, io avrei scelto una difesa civile nonviolenta) sono ormai in balia di alcuni paesi e governi guerrafondai decisi a prolungare la guerra per raggiungere i loro secondi fini geopolitici con il sostegno gongolante delle multinazionali delle armi, della ricostruzione e dei combustibili fossili concorrenti a quelli russi. Nel mezzo un’immane tragedia di decine di migliaia di morti civili e centinaia di migliaia di morti di soldati, a cui ne seguiranno altre migliaia (o decine di migliaia) con tutte le relative tragedie umane collettive, famigliari, personali.

    Al di là delle chiare responsabilità iniziali e degli antecedenti, bisogna avere finalmente il coraggio di dare ancora una chance alla pace che in questa disastrata situazione può significare solamente negoziato, compromesso (la pace per salvare vite la si fa con il nemico, anche quello peggiore, anche quello più criminale), in cui ogni parte deve concedere qualcosa per giungere perlomeno ad un cessate il fuoco per salvare il numero più alto possibile di vite umane, per fermare la distruzione e per evitare una escalation ulteriore con conseguenze inimmaginabili. 

    Tutta la nostra solidarietà deve andare quindi al popolo ucraino e a tutte le vittime e famiglie (ucraine e russe) toccate da questa tragedia.

    Anche la Svizzera, pur avendo dimostrato tanta solidarietà e la giusta accoglienza per i profughi ucraini, non ha però fatto completamente la sua parte: da un lato le sanzioni potevano essere più incisive per colpire maggiormente le élite economiche russe, dall’altro la Svizzera doveva e deve farsi maggiormente promotrice di un negoziato di pace, un negoziato dove è impensabile che ogni parte in conflitto possa ottenere tutto quanto propagandisticamente pretende di voler ottenere. Un processo negoziale all'interno del quale si possono anche barattare parte delle sanzioni da un lato e maggiori aiuti economici o aiuti alla ricostruzione dall'altra in cambio di una fine delle ostilità. Se la Svizzera non viene accettata come mediatore sufficientemente neutrale allora la Confederazione deve prodigarsi affinchè questo ruolo posssa essere assunto dall'ONU o da qualche altro paese riconosciuto da entrambe le parti in conflitto.
    Infine si spera che la follia propagandistica e guerrafondaia non porti ad allentare l’esportazione di armi direttamente o indirettamente verso paesi in guerra anche da chi si è sempre dichiarato pacifista (da coloro che vogliono da sempre esportare armi per puro profitto finanziario la scelta non mi stupisce ma da chi si processa o processava pacifista mi sembra perlomeno una giravolta sorprendente). La situazione Ucraina non è diversa da altre altroci situazioni di guerra nel Mondo, purtroppo dimenticate dalla comunità internazionale.

    Un'altro passo avrebbe potuto rendere la Svizzera meno dipendente da e in definitiva sostenitrice di regimi guerrafondai, autocratici o dittatoriali: essere indipendente dai combustibili fossili. La nostra indipendenza enegetica è un indiretto ma concreto contributo alla pace.